Il mio babbo, sperava che la stagione in Egitto mi sarebbe bastata e che da lì in poi avrei cercato un lavoro vicino a casa. Ma io non ho resistito e quando mi hanno chiamato per andare a Palma di Mallorca per la stagione estiva, ho impacchettato tutto di nuovo e sono salita sull’aereo.
Se fino a quel momento pesavo che l’Egitto sarebbe stato insuperabile, con il senno di poi vi posso dire che, non avevo ancora visto niente. L’Egitto era stato solo un assaggio, rispetto a quello che sarebbe stata la spagna.
Un paese dove la frase più usata a tavola è “Para compartir” (da condividere), non avrebbe potuto fare altro che regalami un esperienza indimenticabile ed un bagaglio di vita importantissimo.
Ma procediamo con ordine.
All’inizio dell’estate la famiglia composta da Sonia detta “La Zia” e Daniele detto “Il Bozz” si è riunita in quel di Mallorca. Abbiamo passato la prima settimana a girare l’isola per conoscere i posti più belli per le escursioni e naturalmente a caccia di posti dove assaggiare la cucina locale.
Una posto che mi è rimasto nel cuore, ma che non sono più riuscita a ritrovare è una tavernetta, vista per caso al lato della strada durante uno dei nostri giri, durante la settimana di scoperta di Mallorca. Dando retta al famoso luogo comune che dice “se si fermano i camionisti allora mangi bene” abbiamo deciso di sperimentare.
All’interno del locale, eravamo noi tre e tutti i muratori del posto. Il menù della casa, quel giorno proponeva una zuppa di lenticchie con costine di maiale brasate. Una vera e propria delizia. Non mi sono fatta mancare nemmeno la scarpetta.
Nei giorni seguenti, è stato anche Daniele ad avviarci alla cucina Spagnola, perché lui in inverno viveva a Sevilla. Quindi, una sera dopo l’altra sul tavolo sono comparsi il Chorizo, un salume a pasta molto morbida che spalmavamo sul pane tostato, la tortilla di patate e cipolle, una frittata di dimensioni maxi tipica della cucina spagnola e naturalmente il Gazpacho, una zuppa fredda di pomodoro un po’ piccante che ho adorato da subito.
Poi però da Palma città, mi hanno sono stata trasferita nella zona est dell’isola, a Cala D’or.
Dopo un primo periodo che ho passato da sola, sono arrivati gli animatori. Italiani, Olandesi e Spagnoli. Ci hanno messo tutti, a vivere, in quelli che una volta, erano gli spogliatoi dei campi da tennis del villaggio, riadattati per noi ad alloggi. E per conoscerci meglio secondo voi cosa abbiamo fatto? Ma è ovvio, siamo usciti a cena.
Durante questa cena, ho scoperto un usanza spagnola, che mi ha provocato una seria assuefazione. Se in Italia, non appena si ha ordinato, si porta il cesto del pane, in spagna, si porta il “pan con Alioli”. Pane caldo con una maionese all’aglio, che vi rapirà in un istante e del quale non potrete più fare a meno.
Dopo quella sera, per festeggiare, per consolarci dalle arrabbiature di lavoro, o dalla pene d’amore il rito era mangiare insieme.
Quindi sono iniziate, grigliate improvvisate in spiaggia a base di carne e pannocchie grigliate, i fuori pasto a base di frikandellen, una sorta di polpetta di carne fritta tipica Olandese, che veniva servita in tantissimi ristoranti, perché molti olandesi, avevano scelto Malloraca come destinazione per le vacanze.
Poi i bicchierini di Hierbas a fine cena, un digestivo alle erbe tipico delle isole Baleari. Ed ancora, i piatti di arroz blanco con pollo alla planca (riso bianco e pollo alla piastra), per rimetterci in sesto dalle uscite serali che terminavano quando il sole era già alto nel cielo.
Ricordo che la sera di ferragosto, era stata organizzata una grande festa in spiaggia dalla gente de posto ed ognuno era arrivato con un frigo da campeggio pieno di cibo e bevande. Immaginatevi una spiaggia piena di persone che ballano, ridono e si scambiano cibo, bevande e storie di vita. Una serata in cui ci siamo sentiti leggeri ed abbiamo completamente dimenticato il lavoro e le scarse ore di sonno.
A riportarci a casa, quando ne avevamo nostalgia, c’era l’immancabile pizza, preparata da un ragazzo Napoletano che aveva aperto una pizzeria proprio fuori dal nostro villaggio. Ma più di tutto, c’erano i mondiali di calcio. Per i quali abbiamo sospirato, urlato fino a perdere la voce e pianto di gioia tutti insieme. Si, mi sono colorata la faccia, anche io che essendo l’assistente, avrei dovuto fare la seria…ma così seria non sono mai stata infondo.
In Spagna, ho imparato tanto sulla condivisione, sul compartir, come dicono loro. Un po’, a causa degli orari pazzi che facevamo e degli spazi di vita riadattati, all’interno dei quali, in qualche modo, siamo stati costretti a convivere.
Non è stato sempre facile, non avere una vera e propria privacy, ma era bello, sapere che, nel caso in cui avessi avuto un imprevisto e non fossi riuscita a far la spesa, o a ritirare i panni perché aveva iniziato a piovere, qualcuno che abitava lì l’avrebbe fatto per me. Era confortate, avere la certezza, nel nostro porto sicuro, ci sarebbe sempre stato qualcuno, pronto a fare quattro chiacchiere e bere una cerveza (birra) a qualsiasi ora. In italiano, spagnolo o olandese non faceva alcuna differenza.
E ripensandoci adesso, mi rendo conto, che Jim Rohn ha ragione quando dice: “Condividere ti rende più grande di quello che sei. Più dai agli altri, più vita sei in grado di ricevere”.